Onorevoli Colleghi! - La legge 5 febbraio 1992, n. 104, sancisce che la persona disabile ha il diritto al pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia, e ne promuove l'integrazione in tutti gli ambiti vitali, dalla società alla famiglia, alla scuola e al lavoro. Ove possibile, favorisce una serie di interventi, prestazioni, servizi e azioni mirati alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione, oltre che alla tutela giuridica ed economica della persona disabile.

 

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      Tuttavia, come risulta dall'indagine «L'integrazione sociale delle persone con disabilità», pubblicata dall'ISTAT nel luglio 2004, si constata che le persone con disabilità non anziane (al di sotto dei 65 anni di età) attualmente residenti in Italia sono 1.641.000, e di queste, ben il 41,4 per cento raggiunge il livello massimo di disabilità. Il 91,5 per cento delle persone con disabilità vive in famiglia e il 6,2 per cento vive da solo. Dunque le persone con disabilità tendono a rimanere nella famiglia di origine più spesso di quanto accada nel complesso della popolazione. Tra i disabili mentali la percentuale di chi rimane in famiglia come figlio è molto più alta (50,6 per cento a fronte del 22,1 per cento del totale delle persone con disabilità) e la quota sale al 61,1 per cento tra coloro che hanno un'età compresa tra i 35 e i 49 anni.
      La famiglia costituisce, pertanto, il perno dell'assistenza e della cura della malattia nonché della tutela della salute della persona disabile, ed è intorno alla famiglia che ruota tutta una serie di problemi. Infatti, laddove è presente una persona affetta da disabilità grave o gravissima, oltre alla normale attività lavorativa fonte di sostentamento (per la quale sono richiesti presenza e professionalità), per i lavoratori e le lavoratrici si aggiunge anche il carico dell'accudimento quotidiano delle persone disabili, che provoca un logoramento e uno stress fisico e psicologico di notevole portata, che equipara tale attività alla stregua dei lavori usuranti. A questo aspetto molto pesante della vita di chi sostiene l'onere della cura, si aggiunge, molto spesso, anche la difficoltà economica derivante dall'esigenza di dover provvedere con propri mezzi alla copertura della spesa per l'aiuto di persone esterne al nucleo familiare, laddove i servizi socio-assistenziali non riescono a coprire in toto le pressanti esigenze del disabile.
      La presente proposta di legge prospetta la possibilità, per i lavoratori e le lavoratrici euro che si prendono cura della persona disabile all'interno della famiglia, di poter accedere prima al pensionamento, purché l'assistenza sia rivolta ad un inabile al 100 per cento, ossia ad una persona che abbia necessità di assistenza continua, in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita (leggi 11 febbraio 1980, n. 18, 21 novembre 1988, n. 508, e 5 febbraio 1992, n. 104).
      A parte il profondo significato di civiltà giuridica che la proposta di legge rappresenta, il riconoscimento del lavoro di cura come lavoro usurante, e il conseguente prepensionamento, per lavoratori e lavoratrici che assistono figli o familiari disabili in condizioni di massima gravità comporta anche indiscutibili vantaggi economici per lo Stato. Innanzitutto, il soggetto disabile può avere una maggiore e migliore opportunità di essere curato e assistito nell'ambito familiare, invece di essere affidato ad appositi centri i cui costi ricadono sulla pubblica amministrazione, nelle sue varie articolazioni. Inoltre si determina un consistente risparmio derivante dall'eliminazione dei costi dovuti per supplenze e per sostituzioni a causa delle inevitabili assenze dal posto di lavoro dei lavoratori che assistono un familiare gravemente disabile (oltre ai periodi di congedo previsti dalla normativa vigente). Infine, la presente proposta di legge rappresenta un elemento di continuità politica rispetto a precedenti interventi effettuati durante la discussione delle ultime due «leggi finanziarie» alla Camera dei deputati (ordine del giorno n. 9/6177/32 nel 2005 e ordine del giorno n. 9/1746-bis/203 nel 2006; entrambi accolti come raccomandazione).
 

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